Le rivoluzioni sono state un argomento fertile e importante per la narrativa internazionale sin dalla nascita di quest’arte letteraria più di due secoli fa. Rivoluzioni globali come la rivoluzione francese, la rivoluzione americana e la rivoluzione russa nel 1917, così come le rivoluzioni latinoamericane, sono un tema che ha attratto e attrae ancora molti romanzieri. Questi scrittori non sono affascinati solo dalla una trasformazione del sistema politico, ma piuttosto dal cambiamento delle realtà sociali, storiche e umane. Lo stesso vale anche per romanzieri arabi. Rivoluzioni, come quelle egiziane e algerine, e la grande rivolta araba hanno rappresentato un argomemto prezioso per un gran numero di opere di fiction. Tra loro, per citarne uno, c’è lo scrittore Naguib Mahfouz con “La trilogia del Cairo”.

Anche la ‘primavera araba’ ha ispirato molti libri, l’ultimo di questi è il romanzo “Sul corno del rinoceronte” della scrittrice italiana Francesca Bellino. Tuttavia, ciò che distingue questo romanzo è che è l’italiano, aspetto che ci ha fortemente incoraggiati a leggerlo nella recentemente traduzione di “Al-Mutawassit” (2020). La domanda principale che mi sono fatta è stata: fino a che punto l’Altro può essere in grado di esprimere noi arabi dall’interno?

Quando ho iniziato a leggere “Sul corno del rinoceronte”, il mondo intorno a me si è improvvisamente dissolto e sono tornata alla realtà solo alla fine del romanzo e mi è dispiaciuto perché ho apprezzato la compagnia delle protagoniste, la tunisina Maryam e l’italiana Mary. Avevo la sensazione di essere loro amica da molto tempo, mentre l’interessante narrazione mi obbligava a continuare a leggere senza fermarmi.

La traduttrice Sawsan Bou Aisha (supportata dalla revisione del professor Ahmed Somai) è stata in grado di tradurre il testo in modo da farlo sembrare un’opera letteraria scritta nella sua lingua madre. Il linguaggio della narrazione è sobrio e di alto livello. 

La storia comincia con l’arrivo dell’italiana Mary in Tunisia per partecipare al funerale dell’amica Maryam e la sua visita coincide con il giorno successivo alla cacciata del presidente della Tunisia, Zine El Abidine Ben Ali, in seguito alle rivolte popolari. 

La forma del romanzo contiene forse parti di biografia, anche di letteratura di viaggio, e al contempo ci porta a seguire la narrazione delle avventure di Mary durante le sue visite in Tunisia e ci mostra i segni che questi viaggi le lasciano addosso. Così come ci mostra l’evolversi del rapporto di amicizia con Maryam in Italia. 

Mary ci racconta dell’amica con sincerità e umanità, senza barriere geografiche o religiose, confessando: “Il suo ingresso nella mia vita fu come una raffica di vento benefico che spazzò via abitudini e amicizie corrose dal tempo”. 

Sulla strada per Kairouan per partecipare al funerale di Maryam, Mary ricorda la prima volta che l’ha incontrata (“Il cuore è proprio il muscolo che guida l’esistenza”). Ci racconta inoltre come ha cambiato opinione sull’Amore quando ha conosciuto Farouk, il fratello di Maryam.

Sono rimasta sorpresa dal modo in cui l’autrice descrive le strade tunisine, in particolare le periferie di Kairouan e di Tunisi: “I vicoli si vestivano di una vita quotidiana fatta di cose semplici: panni stesi, mucchi di spazzatura, profumi di cibo appena cotto, pianto di bambini, televisori accesi, melodie, botteghe vuote, mura scurite, miseria palpabile”. 

Maryam spiega all’amica italiana qual è il significato della mano di Fatima, che noi in Algeria chiamiamo “khamsa”. In realtà, anche se sono algerina, non conoscevo l’origine del nome e il suo potere di portare amore e fortuna, anche se con Maryam non ha funzionato: “Per vivere un amore felice forse non basta una mano di Fatima”.

Francesca Bellino si tuffa in profondità nella società tunisina e nel suo patrimonio culturale, religioso, civile e politico. Ci restituisce l’immagine della Tunisia durante le rivolte contro Zine El Abidine, rimasto al potere del 7 novembre 1987 fino al 14 gennaio 2011, come quando Mary con il tassista Hedi si imbattono in piazza “7 novembre”. L’autrice cita anche Mohamed Bouazizi che si è dato fuoco al 17 dicembre 2010. Descrive le strade tunisine e il caos anche precedente ai giorni delle proteste: “Bastava applicare qualche trucchetto per salvarsi la pelle e non essere sconfitti nel gioco della strada”.

Ci dice molto anche con la risposta di Hedi alla domanda di Mary sull’unità del popolo tunisino: “Noi siamo uniti dall’antichità. Quello che non è facile è fare l’unità con gli arabi degli altri paesi, ma un giorno avremo una nazione unica”. 

Ancora Hedi ci dice: “L’harissa potrebbe essere considerata l’elemento più democratico della società”, perché, sottintende, il popolo tunisino non vive una democrazia, e forse l’harissa è più democratica perché viene servita su tutte le tavole. 

L’autrice sintetizza l’atmosfera tunisina con questa frase: “Tunisi è il regno del disordine mascherato da libertà”. 

Il romanzo evidenzia la cultura di Francesca e la sua familiarità con tutto ciò che riguarda la Tunisia in particolare e la civiltà araba in generale, non perché affronta la Tunisia come argomento di narrazione, ma piuttosto perché si sente nelle sue parole la conoscenza della cultura araba come accade nel dialogo tra Mary e Farouk sul Sufismo, sul poeta al-Mutanabbi, sulla religione e su cosa questa rappresentata per il tunisino conservatore: “Rivolgersi a un intermediario, che sia un marabù, un santo o un profeta, è come una bestemmia perché Dio non ha soci nel suo regno”. 

L’autrice riesce perfettamente a descrivere le strade e i vicoli di Kairouan tanto da poter chiudere gli occhi e seguirla: “Ogni fabbricato rimaneva incompleto per mesi, a volte per anni. E non certo per un’ambizione alla perfezione come capita ai grandi artisti con le loro opere d’arte”. Ed è chiaro che questa familiarità non nasce dalla lettura. Nel romanzo si legge: “Non fidarti mai solo dei libri, vai sul campo”. 

Il lettore può osservare anche l’intenzione di Francesca di mostrare contemporaneamente la Tunisia e l’Italia e cosa rappresentano i loro fecondi incroci culturali: “La Tunisia è il primo paese a ottenere una Costituzione nel mondo arabo nel 1861 lo stesso anno in cui è stata raggiunta l’Unità d’Italia”.

Da lettore sono rimasto sorpreso anche dal finale: Maryam non è morta, proprio come non sono morti il diritto dei tunisini a una vita dignitosa e il diritto alla libertà, e questo aspetto simbolico ci dice tantissimo senza dover spiegarci cosa accade a Mary nel futuro!

Anche il titolo è in sé un’altra narrazione. Maryam, suo fratello e le sue sorelle soffrono a causa del patrigno, Saleh, che non è affatto un brav’uomo e crea loro molti problemi tanto da essere soprannominarlo ‘rinoceronte’. Stesso nomignolo che i tunisini assegnano a Ben Ali.

Un’altra frase che mi è rimasta impressa è la spiegazione di Farouk a Mary sul significato della frase: “Acqua e sale tra noi” che può voler dire “ti voglio bene”. Una frase che rappresenta molto per gli arabi e chi legge la storia capisce che tra noi e Francesca Bellino c’è “acqua e sale” e un romanzo.

“Al-Mutawassit” ha lanciato un’iniziativa in collaborazione con il magazine Ultrasawt.com e la piattaforma Abjjad.com di presentare il romanzo completo online gratuitamente per tutto il mese di maggio prima della sua pubblicazione, in modo che un ampio numero di lettori possa conoscerlo. Un’iniziativa che merita lode e incoraggiamento, soprattutto alla luce delle circostanze eccezionali che il mondo sta attraversando.

Al-Akhbar – giornale libanese – recensione di Sara Slim