Non c’è niente di più difficile che scrivere di uno spazio abitato da più culture. È un campo minato in cui lo scrittore deve essere un acrobata, una volpe cauta. Ogni passo, qualsiasi parola, o un suono di protesta può trasformarsi in un’esplosione. Questi sono stati i primi pensieri quando ho voltato le pagine di “Sul corno del rinoceronte” di Francesca Bellino.
Il romanzo inizia con i viaggi di una giovane italiana in Tunisia, prima e dopo la fuga dell’ex presidente, Zine El Abidine Ben Ali. Nella distanza percorsa tra Tunisi e Kairouan si risvegliano in lei molti ricordi che la portano su e giù tra il nord e il sud del Mediterraneo, tra il Maghreb e la capitale europea. Il suo obiettivo è arrivare al funerale dell’amica tunisina Meriem. In questo modo, la scrittrice tesse la sua maglia, cioè la vita di due personaggi appartenenti alle due sponde del Mediterraneo, unite dall’amicizia nonostante la differenza culturale.
Non mi sorprendo quindi nell’essere timoroso di fronte a questa storia perché io sono il lettore araboche scopre se stesso attraverso il romanzo di Francesca Bellino in uno specchio provocatorio, in cui un’unica voce e un unico discorso assorda le mie orecchie e vuole, forse, farmi dichiarare quella stessa frase pronunciata da Meriem nel romanzo: “Se imparo a convivere con un cane, divento più italiano!”.
Ma in realtà l’equilibrio risiede tra le idee dello scrittore e quelle dei suoi personaggi. Per approfondire il discorso ospitiamo l’autrice italiana in un’intervista in cui parla del segreto del suo interesse per il Mediterraneo, della scrittura transculturale, di cosa voleva provocare nel lettore arabo con il suo romanzo e del suo sogno di risvegliare la necessità dell’incontro culturale che, fin dai tempi antichi, ha caratterizzato il bacino del mare nostrum.
1 – Qual è l’origine della fascinazione di Francesca Bellino per la sponda meridionale de Mediterraneo? E cosa rappresenta questa regione per uno scrittore italiano?
All’origine sono stata attratta dalla sponda sud del Mediterraneo in maniera inconscia. Poi, con il passare del tempo, i motivi di questa fascinazione si sono delineati e chiariti. Il primo motivo è che il Mediterraneo mi appartiene. Sono nata a Salerno, sulla sponda nord, e mi sono da sempre sentita parte dell’area mediterranea, senza avvertire alcuna separazione tra la riva sud e la riva nord. Studiando e indagando la vita dei popoli mediterranei poi ho scoperto che esistono una storia e una identità comune ai paesi che si affacciamo sul cosiddetto mare nostrum e ho preso a cuore il tema. In particolare Italia e Tunisia sono legate da continue migrazioni di andata e ritorno e da secoli di scambi commerciali e culturali. Dunque, ho sentito l’urgenza di occuparmi di questa storia e di individuare attraverso la letteratura lo spazio comune occupato dai suoi protagonisti di ieri e di oggi. Purtroppo non esiste una tradizione letteraria italiana dedicata a storie mediterranee in senso ampio. Il mio intento è quello di portare nei miei testi questa dimensione sempre con il doppio punto di vista, di chi vive a sud e di chi vive a nord del mare. Aggiungo anche che il Mediterraneo spesso coincide proprio con il mio stato mentale: uno spazio dove esiste un gran traffico di suoni, di volti e di idee che si muovono, scorrono, si mischiano, si ricreano.
2 – I lettori arabi hanno recentemente scoperto il suo romanzo “Sul corno del rinoceronte”. Ci può rivelare il contesto del suo processo di scrittura.
Ho iniziato a scrivere “Sul corno del rinoceronte” nel 2009. La spinta iniziale era quella di scrivere una storia ambientata tra Italia e Tunisia. Sono nati prima i personaggi, Mary e Meriem, una donna italiana e una donna tunisina incontratesi a Roma e diventate amiche. Pur molto diverse tra loro, Mary e Meriem sperimentano la forza dell’incontro e imparano l’una dall’altra. In seguito alle rivolte in Tunisia e alla fuga del presidente Ben Ali nel 2011 ho scelto di rafforzare le “rivoluzioni interiori” compiute dalle due protagoniste con il contesto storico attuale della rivolta tunisina e ho ambientato parte della storia già scritta nella giornata del 15 gennaio 2011, all’indomani della cacciata di Ben Ali. Una scelta fatta per enfatizzare il tema dell’iniziazione a nuova vita e della corsa alla libertà delle due protagoniste, così come avviene per il popolo tunisino che crede di aver riconquistato la libertà. L’intera storia procede a specchio sia tra le vite delle due donne, sia tra le storie individuali e quelle dei loro Paesi di appartenenza. Volevo far emergere fortemente anche i problemi della poco accettata società multiculturale in Italia. Il romanzo è stato pubblicato nel 2014.
3 – Può spiegarci qual è significato del titolo?
Il titolo ‘Sul corno del rinoceronte’ è nato con l’idea di evocare lo scampato pericolo della dittatura. Il rinoceronte nella storia rappresenta appunto il dittatore in senso ampio, quel mostro interiore che vive dentro le protagoniste pronto a limitarle e manipolarle, come il potere che condiziona e impone la sua strada incarnato anche nel patrigno di Meriem, Salah, e nel presidente Ben Ali che il popolo tunisino di nascosto chiamava appunto ‘rinoceronte’.
4 – Perché ha ambientato il romanzo in Tunisia e in particolare durante la rivoluzione del 2011?
Come dicevo, l’intento era rafforzare la psicologia ribelle delle protagoniste, ma più in generale mi interessava raccontare in forma letteraria la Tunisia che avevo avuto la fortuna di conoscere negli anni precedenti alle rivolte. Era un paese stanco, ferita e oppresso che ha dimostrato di poter avviare un processo di trasformazione e di democratizzazione. Mi hanno sempre sorpresa la forza, dal coraggio e dallo spirito di iniziativa dei tunisini. Inoltre volevo mostrare le tante caratteristiche comuni tra la cultura italiana, in particolare del sud Italia, e quella tunisina, oltre alle tracce lasciate nel paese dall’enorme collettività italiana che vi ha abitato fino all’Indipendenza dalla Francia del 1956.
5 – Il suo testo coincide con la crisi economica italiana, oltre alla crescita del flusso politico di estrema destra. In che misura quest’atmosfera politica ed economica ha contribuito alla trama della sua trama?
La migrazione è uno dei temi centrali del romanzo. Innanzitutto perché Meriem è una migrante. Lei stessa si definisce ‘migrante per amore”, visto che si è trasferita a Roma per seguire il fidanzato italiano. Con il suo personaggio provo a frantumare molti cliché sul tema e a evidenziare l’esistenza di una migrazione ‘per amore’ poco considerata che invece raggiunge numeri altissimi in tutto il mondo. Nell’ultima parte della storia ambientata a Roma, inoltre, vediamo arrivare in Italia la prima ondata migratoria dalla Tunisia post-rivoluzione.
6 – I lettori arabi potrebbero offendersi per i continui pregiudizi di Mary verso i tunisini. Le opinioni di Mary coincidono con la voce dello scrittore?
E’ vero, lo sguardo del personaggio di Mary è spesso giudicante e pregno di pregiudizi. Durante i suoi viaggi in Tunisia si rende conto che nonostante i suoi studi in antropologia e i numerosi studi all’estero, di fronte alla cultura tradizionalista della famiglia dell’amica è vittima di veri choc culturali. Mary è la sintesi degli italiani medi, quelli che con ipocrisia si dicono anti-razzisti, amanti delle culture degli altri e altruisti verso i migranti, ma poi devono fare i conti con i più comuni pregiudizi in particolare verso il mondo islamico. Le opinioni di Mary non hanno nulla a che fare con il mio pensiero sulla migrazione. Io penso che ogni cultura ha la sua dignità e il rispetto è l’unico modo per sopravvivere e vivere in pace. Attraverso i conflitti di Mary, invece, volevo evidenziare alcune cattive abitudini e paure degli italiani su questo argomento, e al contempo evidenziare lo sforzo e la cura che c’è verso l’andare incontro all’Altro.
7 – Il filo narrativo di “Sul corno del rinoceronte” ruota attorno a due ambientazioni e due livelli temporali: l’Italia passata e l’Italia attuale, la Tunisia passata e la Tunisia attuale, e fluisce con la tecnica del flashback. Perché ha scelto questo stile narrativo?
La tecnica del flashback mi è servita per raccontare più situazioni e per rendere più avvincente la storia. Senza dubbio sono stata condizionata dal linguaggio del cinema. L’arrivo di Mary in Tunisia e il viaggio per raggiungere Kairouan il 15 gennaio 2011 rappresentano le scene al presente. Mentre in taxi Mary va indietro nel tempo e ricorda la sua precedente visita in Tunisia e la vita a Roma insieme a Meriem. Alla fine del libro, sei mesi dopo la cacciata di Ben Ali, si torna al presente e il lettore si trova di fronte a qualcosa che non si aspettava.
8 – Durante la lettura, la voce di Mary sembra monopolizzare il discorso, mentre gli altri personaggi si adattano come oggetti alla sua percezione lagnosa. Puntava a questo? Mary è al centro del romanzo e definisce i propri criteri con sguardo eurocentrico allo stesso modo in cui il mondo dovrebbe dettare gli standard della civiltà per tutti gli altri?
No, assolutamente. Mary non definisce alcun criterio. Anzi, cerca nuovi criteri per leggere il mondo nuovo che le si apre davanti agli occhi. Mary è un personaggio in trasformazione. Grazie all’incontro con Meriem scopre come può migliorarsi e vive un lento rinascere, un tornare alla vita. Inoltre il lettore sente anche la voce di Meriem attraverso le sue lettere. Quindi Mary non monopolizza il discorso, è solo la voce narrante della storia. Inoltre anche i personaggi maschili Hedi e Faruk esprimono i loro punti di vista. Immaginavo che al lettore arabo sarebbe balzato all’occhio lo sguardo eurocentrico di Mary. E’ stato intenzionale per enfatizzare l’aspetto limitante dell’essere un occidentale d’Europa, crescere appunto con uno sguardo eurocentrico che vuol dire sentirsi superiori a chi proviene da altri paesi e guardare ai cittadini da Sud del Mediterraneo in maniera discriminatoria solo perché sono nati sulla sponda meridionale del mare nostrum. Purtroppo questo ‘sguardo’ in Italia continua a essere una barriera che limita la convivenza tra persone di diverse culture e non permette di accettare né l’esistenza di una società plurale già formata da due decenni, né una storia mediterranea comune tra l’Italia e gli altri paesi dell’area.
9 – Un pò di giorni fa il quotidiano italiano “Affari Italiani” ha criticato il ministro della sanità belga Maggie De Block per il sovrappeso. Tale dichiarazione di giudizio è stata fortemente rifiutata dai lettori italiani che si sono mostrati solidali con il ministro. Ho notato che il suo romanzo assume una posizione simile di “body shaming” nei confronti dei corpi tunisini, descrivendoli come “corpi cadenti che non riflettono affatto la pace, né la bellezza, né l’igiene”. Che cosa ne pensa?
Come dicevo, alcune affermazioni di Mary sono solo funzionali a far emergere quel senso di superiorità degli europei di fronte ad altri popoli.
10 – Il suo romanzo ha fatto luce sull’immigrazione come una delle tragedie che stanno interessando l’area del Mediterraneo. In che modo la letteratura può contribuire a stabilire la convivenza? E cosa può fare uno scrittore?
La letteratura è un’occasione per indossare i panni degli altri e per guardarsi allo specchio. Quando scrivo, mi interessa molto la dimensione dello specchio, del doppio sguardo, proprio per permettere al lettore di sperimentare una strada possibile per l’incontro e per conoscersi meglio grazie all’Altro che arriva dal mare. Inoltre la letteratura è Memoria e può ricordare che prima di essere un “mare chiuso”, una “frontiera” e un “cimitero”, il Mediterraneo è stato un solido Ponte che anche milioni di italiani hanno attraversato andando a Sud per costruire una vita migliore. In “Sul corno del rinoceronte” è contenuta anche la mia visione di un mondo possibile, quella dell’incontro tra popoli. Il mondo si salverà solo con l’accoglienza e la cura dell’Altro. Mi piacerebbe proseguire la scrittura di opere capaci di stimolare i lettori più chiusi, abitudinari e intimoriti dalle diversità, a oltrepassare i confini noti, a sperimentare la strada del miscuglio, ad azzardare un incontro insolito e a lasciarsi attrarre dall’ignoto.
Ultrasawt 23/5/2020 – Intervista di Soufiane Abderrahmane Elbali