Francesca Bellino, scrittrice, giornalista, autrice radiotelevisiva, conduttrice e sceneggiatrice.
Personalità poliedrica, ti sei dedicata nel percorso umano, artistico e professionale a tematiche di stretta attualità, spesso anticipandole. Multiculturalità, contaminazioni e diversità tra culture. Com’è nata questa passione?
Attraverso la scrittura ho provato eprovo a dare concretezza a una sensazione che mi porto dietro da sempre, quella di non sentirmi appartenente a un unico luogo, a un’unica cultura e a un’unica epoca, ma di appartenere a una molteplicità di mondi e al contempo di non sentirmi a casa da nessuna parte. Straniera sempre e comunque, attratta dai portatori di diversità e sempre più in sintonia con chi è Altro da me. Occuparmi di transculturalità più che una passione, è un’esigenza per provare a definirmi, a darmi i contorni e a inventarmi case provvisorie in cui abitare e spazi e tempi da condividere con gli altri. Ho sempre tenuto le porte aperte per accogliere il mondo, pur proteggendomi dai portatori di mediocrità e di superficialità. Quello che scrivo è spesso il tentativo di stimolare anche nel lettore – spesso chiuso, abitudinario, intimorito dalle diversità -, il desiderio di oltrepassare i confini noti, sperimentare la strada del miscuglio, azzardare un incontro insolito, lasciarsi attrarre dall’ignoto.
Sei una scrittrice di successo. Tra i tuoi libri ricordiamo Sul corno del rinoceronte, ambientato tra Italia e Tunisia, durante la primavera araba, le protagoniste Mary e Medie sono amiche, entrambe mediterranee, ma la prima occidentale e la seconda orientale. Quanto è limitante, con i suoi paradigmi, secondo te la cultura Occidentale? E quanto noi, popoli affacciati sul Mediterraneo, siamo orientali?
L’aspetto limitante dell’essere occidentale d’Europa è lo sguardo eurocentrico, ossia il sentirsi superioria chi proviene da altri paesi e il guardare ai cittadini da Sud del Mediterraneo in maniera discriminatoria solo perché sono nati sulla sponda meridionale del mare nostrum. Peccato, perché invece bisognerebbe guardare all’area mediterranea come un unico spazio, con un’unica Storia e un’unica identità. Inoltre, prima di essere definito un “mare chiuso”, una “frontiera” e un “cimitero”, il Mediterraneo è stato un solido ponte che anche milioni di italiani hanno attraversato andando a Sud per costruire una vita migliore. Esiste dunque una Storia comune che va ricordata e rispettata.Il Mediterraneo spesso coincide proprio con il mio stato mentale: uno spazio doveesiste un gran traffico di suoni, volti e idee che si muovono, scorrono, si mischiano, si ricreano.
Uno sguardo ai diritti delle donne. In alcuni Paesi essere donna è una condanna. L’espiazione della pena consiste nell’assolvere obblighi dettati dalla tradizione. Hai fatto tanti viaggi, conosci tante culture. A che punto siamo con diritti delle donne nel mondo?
I diritti umani sono sempre più a rischio. Purtroppo succedonocose indicibiliun po’ ovunque e la condizione delle donne è sempre più svantaggiata rispetto a quella degli uomini. Le donne continuano a essere vittime del patriarcato e subiscono dai condizionamenti e le costrizioni sociali agli atti di violenza più diversi. Ovviamente ci sono differenze tra paese e paese, ma per fortuna viviamo anche in una fase storica in cuisono in atto tantissime battaglie. Esiste una nuova presa di coscienza delle problematiche dell’universo femminile, ma più che rivendicare libertà e nuovi diritti o chiedere il rispetto di quelli già acquisiti, le donne oggi sembrano mosse da un fortissimo bisogno di ribadire la loro esistenza. Le donne di tutto il mondo stanno tirando fuori la voce, esprimono frustrazioni e bisogni, scendono in piazza, scrivono e cantano il proprio malessere. Assistiamo all’esplosione dell’urlo/pianto della nascita. E’ come se ogni giorno le donne rinascessero e rimarcassero la loro presenza nel mondo. E’ un inizio che si lega anche a un altro fenomeno in atto: la solidarietà tra donne. Unite siamo più forti. Mi auguro che questa unione porti presto a un nuovo passo in avanti nella lotta verso lo sviluppo dell’identità femminile.
Il tuo blog Cronache del Piacere riprende il nome di una rubrica che il poeta Alfonso Gatto, con cui condividi i natali, tenne tra il ’57 e il ’58 su La Fiera Letteraria. Quanto c’è di Alfonso Gatto nelle cose che fai?
Sono molto legata alla figura del poeta Alfonso Gatto. Oltre a essere nati nella stessa città, a Salerno, io nascevo proprio nell’anno in cui lui moriva, il 1976. Amo la sua poetica, ma sono stata anche molto affascinata dalla sua inquietudine, dal suo muoversi perenne, e al contempo, dal conflitto causato da “quel voler partire e voler restare insieme” di cui parlava spesso e da quel credere che “il mondo che dobbiamo raggiungere è di là anche se restiamo di qua”. Mi piace chiudere con un’immagine che ci ha lasciato lui quando, seduto di fronte al mare, scriveva di “un orizzonte che si avvicina e insieme si allontana, come se fosse impossibile per noi varcare quella linea, monti impenetrabili come li vedevano i nostri occhi, quando ci dicevamo: bisogna passare quei monti per andare via e passare quei monti significava dire addio alle case che formavano questo triangolo della piccola città, addio a nostra madre, addio a noi stessi come se rimanessimo ai balconi per salutarci”.
intervista raccolta per Emmetag da Maura Ciociano