L’approvazione della nuova Costituzione tunisina mette un freno all’influenza salafita nella politica del Paese. Ma il testo della Carta non è esente da contestazioni
Con l’approvazione della nuova Costituzione la Tunisia ha ritrovato euforia e ottimismo. Nonostante i problemi economici e d’occupazione restino, la gente ha avvertito la sensazione che il Paese sia uscito dall’impasse e abbia fatto un passo avanti nel delicato processo di transizione democratica in atto. Come la cacciata dell’ex presidente Ben Alì, il risultato di compromesso tra laici e islamisti raggiunto nel nuovo testo costituzionale, è arrivato dopo un lungo travaglio terminato con un effetto sorpresa che ha rinvigorito il popolo stanco e demoralizzato.
“Quello che è accaduto negli ultimi mesi in Tunisia mi fa pensare al tipping point, quel momento critico nelle partite di tennis quando la pallina tocca la rete e va dalla parte dell’avversario dando punteggio a chi ha battuto – spiega Emanuele Santi, economista specializzato in Nord Africa – Da un punto in cui la crisi economica avrebbe potuto continuare a incalzare, il Paese è passato a un nuovo inizio che dà al mondo un messaggio positivo attirando probabilmente investitori e turisti finora spaventati”. La nuova Costituzione (votata da 200 sì con solo 12 contrari e 4 astenuti) rappresenta, dunque, una speranza per la società civile tunisina che ha seguito e partecipato alla sua nascita in maniera vigile e attenta. Qualcuno l’ha definita “progressista”, altri “un giusto mix tra modernità e tradizione”. Senza dubbio è innovativa e unica nel mondo arabo. I punti salienti del testo riguardano l’assenza della sharia (pur ricordando che “l’Islam è la sua religione”), la libertà di credo e di coscienza, il divieto di accusa di apostasia, la libertà d’espressione, di stampa ed edizione, d’associazionismo e di sciopero, l’uguaglianza di diritti e doveri tra uomo e donna e le pari opportunità all’interno degli organi elettivi (una novità nel mondo arabo). La Tunisia, dunque, sembra far largo al nuovo e, come sottolinea l’artista e cineasta Samy Elhaj, “i cambiamenti da questo momento saranno possibili”. Per Elhaj “aver revisionato la vecchia Costituzione (1959) è una conquista rivoluzionaria perché mette in discussione la sacralità del testo fondatore e in generale il concetto di sacralità. Da ora niente piu’ sarà definitivo”. Il filosofo Youssef Seddik, invece, definisce la Costituzione un “testo ciarliero, da facciata, un’illusione ottica”. Per lui “la speranza viene dal fenomeno nuovo che mantiene nella gente la convinzione di vivere realmente un processo rivoluzionario: l’impegno a far circolare informazioni e commenti credibili e l’idea di poter costruire la democrazia nelle sue vere fondamenta”. Si dice preoccupata anche Selma Baccar, regista, produttrice, esponente del partito di centrosinistra El Massar e membro dell’Assemblea Costituente: “Nonostante le importanti battaglie vinte su molti articoli, ho la sensazione che la nuova Costituzione sia un patchwork pieno di trappole linguistiche (e la ricchezza della lingua araba è un terreno molto fertile), che possono dar luogo a interpretazioni legislative ispirate da concetti conformisti e reazionari”. Sono critici anche il giurista Kamel Deguiche convinto che “il grande punto debole del nuovo testo sia lo sviluppo economico”, e l’esperta in sviluppo agricolo Rym Ben Zid, che pensa che “i diritti economici siano una tappa fondamentale da raggiungere (la cui negoziazione sarà ardua). Senza questi diritti non saranno possibili né la sovranità economica, né lo sviluppo regionale”.
La Costituzione, però, istituisce cinque nuovi organismi: l’organo superiore indipendente per elezioni, l’istanza della comunicazione audiovisiva, quella dei diritti umani, quella dello sviluppo sostenibile e dei diritti delle generazioni future e quella della buona governanza e la lotta alla corruzione. “E’ sancita espressamente anche l’indipendenza della magistratura, giudiziaria, amministrativa e finanziaria in generale e dei giudici in particolare” spiega Fadhel Moussa, docente, membro dell’Assemblea Costituente, presidente della Commissione di giustizia costituzionale e membro della Commissione di coordinamento e redazione della Costituzione. “Il nuovo testo ha istituito un sistema per garantire che la democrazia sia intesa come complemento alla dignità che è l’obiettivo principale della rivoluzione – aggiunge Moussa -. Ma la vera garanzia di democrazia passa attraverso la pacificazione della società, la realizzazione di stato civile, il divieto dell’uso della religione per scopi politici e di parte, il rafforzamento della sicurezza e della lotta contro la violenza politica e i suoi autori come le false associazioni a servizio dei partiti, la garanzia effettiva di neutralità dell’amministrazione in questa fase dei preparativi per le prossime elezioni. Senza tutto questo nessuna democrazia efficace sarà possibile e tutte le garanzie previste dalla Costituzione saranno vane. Inoltre, la democrazia politica dovrà essere accompagnata da una cultura democratica che richiede tempo. Comunque andrà, la Tunisia non dovrà mancare l’ingresso nel gruppo dei Paesi democratici e guadagnare un posto nella storia contemporanea come il primo arabo e musulmano riuscito nella sua transizione democratica”.
Left – 14/2/2014