Nella vita di Ennio Morricone il 2007 non sarà ricordato soltanto come l’anno del ritiro dell’Oscar alla carriera a Los Angeles, ma più in generale come l’anno della Scoperta dell’America. Può sembrare strano ma prima dello scorso febbraio, quando il maestro Morricone ha diretto l’Orchestra Roma Sinfonietta a New York nella sala dell’Assemblea Generale dell’Onu e al Radio City Music Hall, non si era mai esibito negli Stati Uniti. 

“Nessuno mi aveva mai proposto un concerto in America nel mio passato” ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano il motivo di questa mancanza. Quest’anno è arrivato tutto insieme: premio, concerti e un ritorno a New York già previsto per l’anno prossimo. L’idea è partita un paio d’anni fa dal promoter italiano Massimo Gallotta che ha organizzato la trasferta americana del maestro trasformando in realtà un sogno che il compositore custodiva nel cassetto da tempo. L’occasione gli ha consentito di eseguire anche, davanti al pubblico delle Nazioni Unite il 2 febbraio, la composizione “Voci dal silenzio”, scritta dopo la tragedia dell’11 settembre 2001 e dedicata alle stragi del mondo. Il concerto del Radio City Music Hall tenutosi il giorno seguente, seguito da oltre sei mila persone, è stato invece dedicato prevalentemente al repertorio più vario e gioioso dei suoi grandi successi di musica da film. 

Così con questi due eventi memorabili per la sua carriera, Mr Morricone ha incontrato per la prima volta l’America e l’America ha incontrato lui. Un incontro pieno di adrenalina che ha portato il compositore romano, “un genio che vive come un impiegato” – come lo ha definito Damon Albarn, leader dei Bur, poi dei Gorillaz e ora dei The Good, The Bad  & The Queen – fuori dall’ordine, dalla stasi e dalla metodicità che tanto ama. Eppure l’America gli girava intorno sin dal 1961 quando il giovane compositore – all’epoca aveva 31 anni -, firmò la colonna sonora per la serie tv per la Rai “La scoperta dell’America” di Sergio Giordani. E lui non se ne era mai accorto! L’America era lì: nei vuoti e gli spazi immensi evocati dalla sua musica, ma infondo non l’aveva mai guardata dritto in faccia. Troppo concentrato a stare nel suo piccolo-grande mondo fatto di pane e spartiti non gli aveva mai prestato attenzione. Troppo impegnato nel suo lavoro solitario, metodico e disciplinato svolto nel suo appartamento luminoso e zeppo di oggetti a Roma, di fronte al Campidoglio, non è stato lasciato attrarre dal mito degli Usa, dal sogno americano, da Hollywood, il bailamme dei party, le amicizie facoltose, il successo. Il maestro è una persona esigente.

“Rispetto ad altri compositori – ha specificato il maestro – il mio tempo è sfruttato bene, ma se penso a compositori classici come Bach, Frescobaldi, Palestrina o Mozart, io mi definirei un disoccupato”. Diario – marzo 2007