Chi nasce a Salerno cresce con l’orgoglio per la Scuola Medica Salernitana. La studia a scuola e la sente nominare di continuo, ma fino a pochi anni fa era difficile farsene un’idea precisa. Anch’io che sono nata e cresciuta a Salerno ho portato sempre con me il vanto della prima e più celebre istituzione medica d’Europa del Medioevo, ma solo grazie all’apertura del Giardino della Minerva nel 2004 sono entrata realmente in contatto con questa pagina di Storia e ne ho percepito l’essenza e il valore.
I giardini in genere sono luoghi d’incanto perché la natura è il più grande spettacolo del mondo, ma il Giardino della Minerva insieme alla virtù paesaggistica custodisce anche una valenza storica. Unisce la bellezza all’utile, la meraviglia scientifica alla meraviglia naturale. Per questo quando l’ho scoperto non sono riuscita più a dimenticarlo e ci torno tutte le volte che posso, seguendo sempre lo stesso percorso.
Ho capito che per assaporare in pieno l’esperienza devo arrivarci partendo dall’antico rione Fornelle prendendo l’ascensore che in un minuto mi conduce in alto, dalla Terra al Cielo, in una sorta di elevazione che da un ambiente terreno, imperfetto, infernale, profondamente umano, porta in un ambiente elegante, pacifico, divino che evoca il paradiso.
Arrivare al Giardino così diventa un’occasione di ascensione che è metafora di conoscenza, di rivelazione. Brutture, rumori, abbandono e degrado restano fuori, mentre dentro si incontra un luogo calmo dove tutto funziona, un rifugio incantato.
In questo luogo dove crescono tutte le piante terapeutiche della Scuola Medica Salernitana è subito chiaro che Salerno dell’epoca, durante il Medioevo, era considerata una città speciale, un’oasi illuminata collocata in una posizione geografica cruciale nel Mediterraneo, crocevia di scambi culturali ed economici e dotata di un clima salubre che permise a piante di varia provenienza di crescere ed essere usate a scopo terapeutico.
Il Giardino era di proprietà della famiglia Silvatico. Dal primo ventennio del 1300, il maestro, medico e filosofo Matteo Silvatico vi istituì un giardino dei semplici, antesignano dei futuri orti botanici d’Europa, e vi svolse attività didattica per mostrare agli allievi della Scuola Medica le piante con il loro nome e le loro caratteristiche. L’opera che Silvatico ci ha lasciato, ‘La Pandette’, è una descrizione dei semplici di origine vegetale e delle proprietà terapeutiche. Il medico completò il manoscritto nel 1317 e lo dedicò al re di Napoli Roberto d’Angiò. Vi nomina 487 vegetali con 1972 nomi (tra latini, arabi e greci), con una media di 4 sinonimi per pianta. Nessun altro trattato europeo comprende tanti nomi arabi per definire piante di origine mediterranea.
Si racconta, infatti, una leggenda che narra di un pellegrino greco di nome Pontus che si fermò a Salerno e trovò rifugio sotto gli archi del diavolo. Quando scoppiò un temporale un viandante ferito di nome Salernus si riparò nello stesso luogo. Il greco si avvicinò per guardare da vicino la medicazione alla ferita che l’uomo stava facendo, mentre nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l’ebreo Helinus e l’arabo Abdela. Si scoprì che erano quattro medici e così nacque tra loro un sodalizio sincretico che si dice sia alla base della nascita della Scuola Medica Salernitana, nota ancora oggi per essere stata un ponte tra la medicina antica greco-romana e la medicina moderna. Passeggiando tra le aiuole e salendo su, fino al quinto terrazzamento, oltre alla saggezza che si respira nell’aria, è costante un senso di vertigine causato dall’altezza che a me fa venire in mente una frase del poeta uruguaiano Mario Benedetti che ci ricorda che “La vertigine può essere un capogiro o un’angoscia, una vibrazione o un sussulto”. Io la sento come un’ondulazione, uno stordimento simile a un’ubriacatura felice.