Ogni volta che penso a Matilde Serao davanti agli occhi mi appare il Vesuvio. Non so esattamente quando è cominciata quest’associazione nella mia mente, ma ricordo bene il momento in cui ho iniziato a sentire il bisogno di fare qualcosa per raccontare ai più giovani la straordinaria vita di questa donna che io considero un’antenata, un angelo custode, un’ombra, una fonte d’ispirazione, una compagna di giochi, una maestra. Con dispiacere ho constatato in molte occasioni quanto la sua grandezza non fosse riconosciuta e quanto tra le nuove generazioni il suo nome fosse ai più sconosciuto. Eppure Matilde Serao ha vissuto una vita esemplare. Non è stata solo la prima donna a fondare e dirigere giornali in Italia, ma è stata la prima donna a prendere la parola e farsi largo nell’ambiente maschile del giornalismo. È stata un’apripista per noi giornaliste italiane. Tutte le siamo debitrici. Così un giorno mi sono convinta che per restituire il mio debito nei suoi confronti avrei potuto costruire un’opera che circolasse anche nel mondo giovanile per onorare la sua eredità e affidarla ai cittadini del futuro. È nata così l’idea di un fumetto e quando ho cominciato a scrivere la sceneggiatura si è subito imposta l’immagine del Vesuvio.
A guidarmi sin dall’inizio sono stati il rispecchiamento di Matilde con ‘a muntagna e il fuoco ardente della creatività che come la lava ribolliva in lei e premeva per venire alla luce. Anche la forma del suo corpo solido e massiccio mi riconduceva nella stessa direzione. Nelle fotografie che abbiamo di Donna Matilde ci appare robusta e autorevole proprio come il vulcano che amava e contemplava ogni mattina e con il quale ha dialogato sin da ragazza. Così ho scelto di ambientare la storia durante i giorni dell’eruzione del Vesuvio dell’aprile del 1906, la più devastante del Novecento, che lei ha seguito da cronista in prima linea, andando sul posto per vedere i danni delle esplosioni e ascoltare le esigenze del popolo.
Ho costruito la sceneggiatura basandomi sui suoi articoli pubblicati su “Il Giorno”, quotidiano che fondò nel 1904 con l’avvocato Giuseppe Natale diventato suo compagno dopo la separazione con Edoardo Scarfoglio, ex marito con il quale condivise le precedenti avventure editoriali tra cui la nascita del “Il Mattino” nel 1892. In uno dei primi resoconti che fa delle conseguenze dell’attività vulcanica nei paesi vesuviani Matilde scrive una frase che sintetizza un punto chiave del suo metodo di lavoro: “Vedremo, dobbiamo vedere, è il nostro dovere di vedere”.
Matilde voleva assistere con i suoi occhi e con “cuore sincero” agli eventi prima di restituirli ai lettori e nelle sue cronache dell’eruzione raccolte nel libro “Sterminator Vesevo” – titolo che elogia la definizione del Vesuvio usata da Giacomo Leopardi nella “La ginestra” -, emerge chiaro il bisogno di usare la parola per curare i disagiati e per cambiare lo stato delle cose, come aveva fatto con “Il ventre di Napoli”, l’inchiesta-capolavoro sulle condizioni in cui versava Napoli durante l’epidemia di colera del 1884 che uccise 20 cittadini.
Su queste basi è nato il fumetto “Matilde Serao. La voce di Napoli” pubblicato da Becco Giallo. Ad accompagnarmi in questa avventura creativa è stata Lidia Aceto, fumettista alla sua prima esperienza di graphic novel, con il talento e la giusta sensibilità per addentrarsi con me per le strade disordinate di Napoli e su quelle incenerite dei paesi vesuviani all’indomani dell’eruzione. All’inizio abbiamo immaginato un fumetto in bianco e nero, ma più andavamo avanti nella sequenza delle tavole, più s’imponevano i colori. Primo fra tutti è affiorato il rosso che è andato a vestire la nostra Matilde cinquantenne che si infiamma davanti alla macchina da scrivere, che si muove con risolutezza in una redazione di soli uomini e che affronta il vulcano con coraggio come aveva affrontato i potenti della sua epoca. Poi sono arrivati gli altri colori con le proprie sfumature. Giallo, marrone, ocra, blu, azzurro, violetto, verde hanno colorato la montagna e i vicoli, i lapilli e le macerie, i cieli e il mare facendo da sfondo a lei, Matilde Serao con il vestito rosso, sempre al centro, unica e sola, che si muove libera tra passato e presente.
Per dare completezza al racconto biografico, ho collocato dei flashback nel flusso del racconto dei giorni polverosi dell’eruzione, dalla prima colata lavica del 4 aprile fino al termine di attività del 23 aprile. Vediamo Matilde alla firma del contratto con Matteo Schilizzi prima di trasferirsi da Roma a Napoli per fondare con Scarfoglio il “Corriere di Napoli”, alla festa di inaugurazione de “Il Mattino” nella redazione in vico Rotto San Carlo, per tutti Angiporto Galleria, oggi piazzetta Matilde Serao. La vediamo anche in situazioni di vita privata a casa con i figli e da ragazza quando, nel 1878, scrive una lettera al “Signor Vesuvio di professione vulcano” incitandolo a eruttare per far godere del suo incredibile spettacolo a turisti e giornalisti.
Nel disegnare la nostra Matilde che scalpita per raggiungere l’area vesuviana e s’addolora di fronte al dolore degli altri, Lidia ha scelto una caratterizzazione essenziale del personaggio che la rende subito riconoscibile nel suo vestito d’epoca con le spalline a svolazzo e sempre in azione. Matilde Serao, donna instancabile e cosmopolita “di origine greca, casertana di adozione e napoletana per sempre”, come scrive Francesco De Core nell’introduzione al fumetto, non ha mai spento il suo fuoco, né si è mai scoraggiata di fronte ai tradimenti, alle malelingue e alle convenzioni che sfidò fino alla fine. I suoi articoli e i suoi romanzi sono oggi per noi come una lava letteraria incandescente che, come quella del vulcano, raffreddandosi diventa “un mare pietrificato” che resiste al tempo.
E sono resistite al tempo anche le fotografie delle colonne di fumo che si levano dal cratere infuocato scattate da Antonio, primo figlio della coppia Scarfoglio-Serao che a 20 anni già era sulle orme dei genitori. Il ragazzo salì sulla cima della montagna per fotografare l’esplosione. I suoi scatti furono pubblicati su “Il Mattino Illustrato”, supplemento del quotidiano, e noi abbiamo scelto di pubblicarli nella versione originale in una tavola del fumetto. Sono le prime fotografie di un’eruzione vulcanica pubblicate su un giornale e, per noi, sono anche un elogio alla Matilde madre che ha saputo salvaguardare il suo talento senza rinunciare alla maternità. Il segreto forse glielo aveva insegnato ‘o Vesuvio. Chi vive alle pendici di un vulcano attivo o nelle sue vicinanze sa che se lo si interpella questo risponde e, a 80 anni dall’ultima eruzione avvenuta nel 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale, a volte mi diverto a immaginare lunghi e schietti dialoghi tra Matilde e il suo Vesuvio.
Inserto de Il Mattino – 6 ottobre 2024
Commenti recenti